Il 58 e le mosche

Forse molti sono già a conoscenza che il numero 58, se stampato a caratteri alti almeno 20 cm di altezza, può servire nel tenere lontane le mosche. E che si tratta di un sistema naturale e totalmente privo di effetti collaterali: né sostanze chimiche, né onde magnetiche, né nient’altro. Non tutti però sanno quale sia l’origine di questa nozione ormai tanto diffusa da essersi meritata una menzione in una pagina di Wikipedia, seppure una menzione improntata a un preconcetto scetticismo.

Pare che le prime segnalazioni rispetto a questo effetto inatteso siano da riferire all’Italia del Nord e datino tutte a partire dal XXI secolo. Quindi non si tratta di tradizioni antiche; né, tanto meno, di concetti numerologici.

Che cosa però distingue la scienza dalla credenza, la conoscenza dalla superstizione, se non la verifica sperimentale del fatto? Se non la possibilità di riprodurre il fenomeno? Se la scienza non fosse esattamente questo, per quale ragione ci si sarebbe presi la briga, negli ultimi quarant’anni, di verificare le affermazioni di un certo Einstein, emigrante tedesco dai rendimenti scolastici non particolarmente brillanti, girovago fra Italia e Svizzera prima e approdato infine negli Stati Uniti? Le sue affermazioni riguardavano l’esotica idea che la gravità deformi lo spazio, al loro apparire, erano sembrate ai più solenni sciocchezze. Salvo poi cento anni dopo essere state dimostrate dagli esperimenti LIGO e VIRGO.

Anche in questo caso la scienza non poteva che avere un approccio: mettere alla prova l’affermazione. Sfidando l’opinione pubblica benpensante che avrebbe voluto bollare frettolosamente questa affermazione come una sciocchezza, la scienza si è in effetti mossa. Il merito della verifica, che non ha richiesto costosissime attrezzature di laboratorio, va dato al professor Orlando Rubén Yáñez, post doc all’Universidad Complutense di Madrid (UCM).

Il professor Rubén Yáñez, occorre riconoscerlo, ha cominciato per svago personale. Ha creato un gran numero di cartelli con i numeri stampati. Ha variato sia la dimensione, che il colore e il font del carattere. Ha utilizzato tutti i numeri dal 10 al 99 limitandosi, secondo la sua dichiarazione, ai numeri di due cifre. Ha poi contato, nell’unità di tempo, quante mosche si posavano sul foglio relativo.

“Il primo giorno ero a casa per un’influenza e devo ammettere che è stato solo un passatempo in cui non riponevo alcuna speranza. Ero sicuro di non trovare nulla –racconta il professore. Ma già dopo che i primi esperimenti evidenziavano tutti questa cosa del numero 58, ho cominciato a prenderli più seriamente.”

Nel giro di una settimana il professore aveva allestito una telecamera collegata a un computer per rendere questi “conteggi” sia più rapidi, che più precisi. I risultati sono quelli riportati nel grafico seguente:

I dati dell'esperimento

In ascissa ci sono i numeri utilizzati nei cartellini; in ordinata la quantità di mosche che si posavano entro dieci minuti. Come lo stesso professore indica:

“Siamo di fronte a due risultati inattesi e inspiegabili: il primo è che il numero di mosche cala drasticamente proprio attorno al numero 58. Il secondo è che si assiste a un calo, anche se meno marcato, attorno al numero 29. Ora: 29 è proprio uno dei due divisori di 58, che non è altro che 29 x 2. E questo, anche se al momento non abbiamo alcun suggerimento sulla ragione per cui potrebbe succedere, è qualcosa di estremamente suggestivo.”

Questa è la scienza: verificare sperimentalmente le affermazioni. Prima che ci fosse una teoria affidabile sull’elettricità, certo si poteva considerarla una esperienza attraente o divertente. Ma non si poteva contestare che impilare dischetti di rame e zinco portasse poi, una volta che le estremità della catena fossero messe a contatto, a sentire una scossa. Sarà poi Maxwell a fornire un supporto teorico a tutto questo.

Quale sarà quindi la spiegazione di questo che, dopo gli esperimenti di Rubén Yáñez non è più una leggenda, ma un fatto?

4 commenti

  1. Grazie! Articolo davvero appassionante. Sono molto interessata a saperne di più circa le modalità di rilevazione dei dati. I cartelli numerati avevano dei sensori? In caso contrario, come sono state fatte le misurazioni? Siamo certi che non siano state applicate sostanze diverse ai diversi numeri? Scrivi di esperimenti con diverse misure, sarebbe interessante vedere i risultati. Infine, è mai stata misurata la correlazione tra il numero di mosche presenti in una stanza e il numero di quelle che si appoggiano al muro? Scusa per tutte queste domande, ma davvero mi hai acceso una curiosità incredibile. Ah e poi non credo di essere l'unica a pensare che a questo punto il numero 29 richieda un approfondimento.

    1. Ti ringrazio per il commento. Alcune informazioni su come erano stati condotti gli esperimenti erano riportate dal professore nel comunicato stampa; altre no. Ma, se mi è concesso esprimere un giudizio, l'interesse che esprimi, più che legittimo, è lo stesso che deve aver animato Rubén Yáñez durante le sue verifiche sperimentali. Questo interesse non è proprietà di Rubén Yáñez più di quanto lo possa essere di ognuno di noi. Voglio dire: un conto è quando parliamo di esperimenti costosissimi che richiedono centinaia se non migliaia di persone, come il Large Hadron Collider del CERN. Ma se parliamo di esperimenti "casalinghi" come questo, perché pensare di lasciarli sempre e soltanto in mano agli scienziati di professione? Non c'è laurea migliore della curiosità! Ben venga la scintilla suscitata dal 58 per percorrere ulteriormente la strada della verifica sperimentale anche verso il 29. Ma, aggiungerei io, perché non testare anche: la differenza fra il potere repulsivo dell'uno e dell'altro? In che rapporto sono? E perché non estendere ulteriormente i numeri soggetti a test oltre il 58 e oltre le due cifre? O che dire dell'87 = 29 x 3 oppure del 145 = 29 x 5?

  2. Io lo sentivo, ma ora ne ho le prove. Grazie per aver acceso un lampione nella strada buia e piena di buche delle persone che non ci credono (Queste cose mica le dicono in TV...)

    1. Grazie per il commento. Lasciami aggiungere che, fortunatamente, non serve nemmeno schierarsi fra chi crede e chi non crede. Basta schierarci tutti quanti dalla parte di chi osserva il fenomeno e cerca razionalmente di interpretarlo. O di chi, non potendolo fare in prima persona, osserva chi osserva il fenomeno. E osserva il grafico e magari fa delle deduzioni, in base a quello, che nemmeno al professor Rubén Yáñez era venuto in mente di fare. Tanto, nella scienza, c'è un metodo semplice per capire chi ha ragione: ha ragione chi produce una teoria che tiene conto del maggior numero di dati sperimentali e azzecca più previsioni delle altre.

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