Intimità non desiderate: un caso storico

Da qualche tempo a questa parte i mezzi di informazione mondiali riportano quasi ogni giorno la notizia di questo o quel produttore, attore o regista che ha ottenuto (o anche solo preteso) favori sessuali grazie al proprio potere. Non che il fenomeno sia limitato al mondo del cinema, ma questo è tuttavia l'ambiente in cui il "caso" è scoppiato e che miete tuttora maggiori segnalazioni.

Al di là del sacrosanto sdegno che questo genere di prevaricazione suscita, resa solo più odiosa dai risvolti di predazione sessuale, questo fatto mi fa tornare alla mente una vicenda poco nota occorsa a metà del secolo scorso. Si tratta di una vicenda solo parzialmente attinente con l'argomento rimandato dai media, in quanto non tratta di un caso effettivamente denunciato. Eppure è un argomento che tutti noi conosciamo, sotto altra veste e merita pertanto qualche parola a riguardo.

 

Jean Richelieu

Nato in un piccolo villaggio della Borgogna all'inizio del XX secolo, Jean Richelieu fu un brillante teologo nel corso dei dieci anni della sua attività dottrinale. Omonimo anche se non parente del famoso Cardinale, Jean si avviò fino in tenera età verso gli studi religiosi, frequentando prima il locale collegio gesuitico e poi venendo ammesso al Seminario di Digione.

La sua intelligenza brillante lo fece subito notare ai suoi insegnanti. Questo fatto, insieme al carattere mite e rispettoso fecero sì che si riuscisse a laureare a pieni voti in Teologia già a 22 anni. Dopo la laurea e i voti sacerdotali, ci fu un decennio di apparente silenzio. Non si hanno notizie su di lui, se non tramite occasionali lettere indirizzate agli amici, in cui si descrive come indaffaratissimo a studiare e a preparare lezioni per la Cattedra di Religioni Antiche al Seminario di Beaune in cui insegnò dal 1927 al 1944.

La guerra e l'occupazione tedesca quasi non ebbero alcun effetto su di lui, se è vero che scrisse a uno dei suoi più cari amici, l'Abbé Pierre (al secolo Henri Antoine Grouès), una lettera che conteneva queste ingenue frasi a proposito delle truppe d'occupazione:

"Non sapessi il male che fanno, per me sarebbero come alberi, come armenti. Io li vedo passare in squadre e squadracce, anche sotto le finestre del Seminario. Ma la mia mente è talmente concentrata negli studi, che a volte mi stupisco di fissare le loro uniformi come se fossero maschere di un carnevale. Non capisco che cosa vogliano. Ma non ho davvero tempo per pensarci."

 

La trilogia di Beaune

Del resto Richelieu aveva appena dato alle stampe, nel 1932, il primo libro della sua trilogia: "La violenza come cifra espressiva negli antichi miti" che gli valse l'unanime consenso del clero francese e degli studiosi di teologia di tutto il mondo. Soprattutto si lodava, oltre alla grande sensibilità dell'autore, anche l'enorme erudizione tanto in fatto di mitologia e testi antichi, quanto in fatto di recentissime branche del sapere come la psicanalisi portata in campo religioso.

Il secondo libro, "Lo stupro divino nella religione greco-romana" apparve già nel 1935. Il titolo, giudicato troppo ardito dall'editore, venne cambiato, nell'edizione successiva, in quello più indiretto (ma anche meno comprensibile) di "L'abuso di vino nella religione greco-romana". Fu un nuovo successo, anche maggiore del precedente.

La tesi dell'autore, e qui torniamo all'argomento del presente articolo, riguardava la ricostruzione di decine di episodi mitologici in cui Giove o altre divinità, si accostavano (come diceva il morigeratissimo testo di Richelieu) ad altrettante fanciulle o fanciulli che non potevano resistere, data l'enorme disparità di condizioni. Si pensi al caso di Europa o di Danae, per non dire quello, fumosamente ammantato di una qualifica di Coppiere, di Ganimede.

Ma fu con il terzo e ultimo libro della trilogia che Jean Richelieu concluse la sua fatica e disse addio ad ogni ulteriore possibilità di insegnare teologia. Il terzo libro, edito nel 1941, si intitolava niente meno che: "Poteva Maria dire no?" ed è una cruda disamina dell'episodio evangelico dell'Annunciazione. Il tutto però alla luce della teoria del teologo, preparata dai due precedenti libri, che la disparità di condizioni fra un angelo, da una parte, e una fanciulla quattordicenne dall'altra, dovesse essere considerata alla stregua di un episodio di sopraffazione e di violenza.
Sostenere una tesi così diretta e così inequivocabile su uno dei miti fondanti del Cristianesimo non poteva ovviamente passare inosservato. Al contrario, il suo terzo libro si guadagnò la strana distinzione di essere uno degli ultimi ad essere inseriti nell'ultima edizione dell'Indice dei Libri Proibiti edito 1948 (anche se la pubblicazione venne ufficialmente terminata solo nel 1966).
Le alte gerarchie religiose, superato lo sgomento per quel figlio caro che improvvisamente aveva dato di matto, provarono prima a convincerlo a ritrattare in fretta e furia quanto sosteneva. Poi a farlo visitare da parte di eminenti psichiatri. E infine, in parziale contraddizione con se stessi, a dichiararlo unilateralmente pazzo e a scomunicarlo.
In una lettera al cardinal Bertelli che gestiva il suo caso presso il Tribunale dell'Inquisizione, Richelieu scriveva:
"Ottimo Padre, mi permetta di esporle correttamente la mia tesi, giacché credo che solo di incomprensione si sia trattato. Osservi, La prego, le cose da questo punto di vista, d'accordo che insolito: Come poteva la Santa Vergine Maria, infatti, resistere alla chiamata, senza sentirsi poi inadeguata, senza sentirsi in qualche modo colpevole o fallita, di fronte alle richieste (di concepimento!) provenienti da un'entità che, in quel momento, rappresentava per lei la Divinità?"

 

La messa all'indice, la scomunica e gli ultimi anni

Opinione comune dei biografi di Richelieu è quella che il teologo non seppe rendersi conto della situazione. Dal momento che una semplice tesi, per quanto ardita, era tutto quanto veniva apertamente osteggiato dalla Chiesa Cattolica, in molti si chiesero perché il Teologo di Beaune non seppe o non volle trovare una strada per il dialogo. E arrivare quantomeno a mettersi in discussione.

La sua chiusura fu invece totale. "Mi chiedono di cambiare idea, scrisse al suo amico di un tempo, l'Abbé Pierre, che, a quanto sembra, non gli diede più alcuna risposta. Ma per farlo non mi dicono in quali punti la mia idea sia sbagliata. Non mi aiutano a capirlo. E allora come posso fare?"

La scomunica avvenne ancora durante il tempo di guerra, nel gennaio del 1945. E questo ad attestare quanto fosse un tema di scottante attualità in Vaticano. Tanto da non poter nemmeno attendere che la guerra finisse, prima di pronunciarsi.

Si racconta che, sotto falso nome, Jean Richelieu andò a insegnare artimetica in un collegio Calvinista in Congo. Di certo si sa solo che di lui si persero rapidamente le tracce. Nessuno dei suoi biografi, nonostante le molte ipotesi, ha elementi per situare correttamente la data o il luogo della morte.

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